Lutz Eigendorf: dietro la curva

Il destino crudele di Lutz Eigendorf, centrocampista della Germania orientale, rappresenta una delle pagine più nere degli anni Ottanta. La fuga verso ovest e un destino migliore, per sé e la sua famiglia, trovò l’epilogo in un misterioso incidente stradale. Una storia in cui si intrecciano sport, segreti e crimine, come spesso purtroppo ha caratterizzato gli atleti suoi connazionali.


Lutz Eigendorf, buon centrocampista e membro della Nazionale tedesco-orientale, un giorno decise di scappare ad ovest. Una pratica non certo isolata, per la quale tanti individui hanno trovato difficoltà terribili, ma pure la morte. Nessuna certezza sul futuro, però era necessario provarci. La stessa molla che ha animato tanti sportivi della Germania Est, per fuggire verso una vita normale, sfruttando la possibilità di varcare i confini per motivi agonistici. Eigendorf non si sottrasse a quel sogno proibito e lo mise in atto.


Merita di essere ricordata, prima di proseguire nel racconto, la parabola calcistica di Lutz. Nato a Brandeburgo il 16 luglio 1956, entrò ad appena 14 anni nel settore giovanile della Dynamo Berlino e crebbe fino ad arrivare in prima squadra nel 1974. Il 30 agosto 1978, a Erfurt, debutta in Nazionale contro la Bulgaria in amichevole. E lo fa in maniera scoppiettante, aprendo e chiudendo il tabellino nel 2-2 finale. L’11 febbraio 1979 gioca la sesta e ultima partita con la maglia della Germania Est, contro l’Iraq a Baghdad. 3 le reti realizzate. Un bottino tutto sommato ottimo, che però non verrà incrementato e si cristallizzerà. Perché il centrocampista, forse proprio in quel viaggio di ritorno dall’Asia, prende la decisione che gli sarebbe risultata fatale.


Nella Dynamo Berlino

Approfittò infatti di un’amichevole della Dynamo Berlino, che si era recata dall’altra parte del muro a Kaiserslautern, e si allontanò con un’auto attuando un piano programmato. Era il 20 marzo 1979. La moglie Gabriele e la loro piccola bambina non riuscirono a ricongiungersi con Lutz e furono messe immediatamente sotto stretta sorveglianza dalla Stasi. Proprio la Polizia non perse da quel momento in poi alcun movimento di Eigendorf, che scontò un anno di squalifica e si legò proprio al Kaiserslautern. Il numero uno della Stasi Erich Mielke lo voleva morto, in quanto la fuga del calciatore aveva gettato discredito sul suo operato, così come avevano creato irritazione alcune interviste rilasciate dal calciatore: ovviamente critiche nei confronti del regime DDR.


In Nazionale

Eigendorf era passato da pochi mesi all’Eintracht Braunschweig. Il 5 marzo 1983 rimase gravemente ferito in un particolare incidente stradale: un grande camion gli ostruì la visuale all’uscita da una curva, lo scontro con un albero fu terribile, proprio dal lato del guidatore. Lutz morì dopo due giorni di agonia, all’età di 26 anni.


La vettura distrutta di Eigendorf

La sua morte, fin dall’inizio considerata sospetta, vide dei colpi di scena dopo l’apertura dell’archivio segreto della Stasi e grazie a un’indagine giornalistica 17 anni dopo il decesso. Infatti, nel 2000, un documentario di Heribert Schwan – intitolato “Morte al traditore” – aveva messo insieme i pezzi degli ultimi momenti della vita di Eigendorf. Secondo la ricostruzione, Lutz sarebbe stato rapito all’interno della sua auto e costretto a ingerire una bevanda alcolica tossica, prima dell’incidente fatale. Viene accusata in via indiretta la spia della Stasi Karl-Heinz Felgner (nome in codice Klaus Schlosser). Il quale, nel 2010, ammise in tribunale a Dusseldorf di aver ricevuto l’ordine di uccidere Eigendorf ma di non averlo eseguito.

Fonti


® Contenuto originale realizzato per La Battaglia di Santiago

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